Brigate partigiane

I tempi di organizzazione e costituzione di formazioni e brigate partigiane strutturate rispecchiano, soprattutto per quanto riguarda la Resistenza dell’Italia centro-settentrionale, l’andamento del conflitto lungo i venti mesi che vanno dal settembre ’43 all’aprile ’45.

Ad una prima fase connotata da forme varie di “ribellismo” più o meno spontaneistico, poco organizzato e generalmente male armato, ne seguì nell’immediato una seconda che, dall’inizio della primavera del 1944 vide mettere a frutto l’esperienza politica degli antifascisti di lunga data e quella militare dei soldati che avevano rifiutato la R.S.I.. Le bande si trasformarono in formazioni e poi in distaccamenti, a loro volta organizzati in Brigate. Il fattore politico aveva un ruolo determinante nella connotazione delle Brigate, evidente fin dalla scelta del nome, così le Brigate Garibaldi, in assoluta maggioranza rispetto alle altre, furono quelle d’ispirazione comunista, le Matteotti erano socialiste, Giustizia e Libertà (GL) era il nome di quelle discendenti dal Partito d’Azione, mentre nomi diversi avevano le brigate autonome. Con la “svolta di Salerno” del 13 marzo 1944, dove il segretario del PCI Palmiro Togliatti dichiarò d’essere favorevole ad un governo di unità nazionale con tutte le forze dichiaratesi avverse al fascismo, compresi i monarchici, la Resistenza assunse quale obiettivo primario quello della Liberazione dall’occupazione militare tedesca. Questo carattere unitario consentì la proliferazione ed il consolidamento su tutto il territorio dei Comitati di Liberazione Nazionale (che rappresentavano la guida politica della Resistenza) e, di rimando, l’organizzazione militare delle Brigate ne risentì positivamente. Ognuna di esse era guidata militarmente da un Comandante, che aveva un’autorità prettamente militare, mentre la figura del Commissario Politico, presente in tutte le Brigate garibaldine e in gran parte delle altre, svolgeva funzione di comando in tutti gli altri momenti della vita partigiana. Le Brigate erano solitamente divise in Distaccamenti interni, ciascuno dei quali con un suo Comandante ed un Commissario Politico ed a loro volta divisi in squadre. Durante la crisi invernale determinata dallo stallo dell’azione alleata, a partire dal “proclama Alexander” del 13 novembre col quale si rimandava ogni piano d’avanzata alla primavera successiva, vennero presi accordi (protocolli di Roma) per intensificare i rifornimenti di armi alleate alle brigate partigiane, ed il CLNAI venne riconosciuto quale autorità politica e militare del nord Italia. Le forze partigiane assunsero quindi nuovo slancio e nell’aprile 1945 ebbero un ruolo determinante nella definitiva Liberazione del territorio italiano.
Le Brigate partigiane, se da un lato tendevano inevitabilmente ad organizzarsi in modo simile alle classiche strutture militari, dall’altro tentarono di portare all’interno dello stesso mondo militare un innovazione dal punto di vista culturale, con Comandanti e Commissari Politici che dividevano gioie e disgrazie assieme agli altri partigiani, mangiando, dormendo, combattendo e morendo al loro fianco. Questo fu possibile grazie all’estrazione sociale di questi uomini, espressione di quelle classi popolari che nella Resistenza videro l’occasione di un riscatto collettivo. Esempio di primo piano è il ruolo delle donne che, cinquant’anni prima dell’accesso loro consentito negli apparati militari, assunsero spesso incarichi militari nelle Brigate partigiane, che consentirono loro a guerra finita di partecipare attivamente nascita della Repubblica e della Costituzione.

Amaro Partigiano